Non costituisce elemento ostativo alla applicazione della particolare tenuità del fatto la presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, qualora questi riguardino azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo e di luogo e nei confronti della medesima persona, posto che da tutti questi elementi emerge una unitaria e circoscritta deliberazione criminosa, che costituisce un elemento incompatibile con la condizione negativa della abitualità della condotta presa in considerazione, quale fattore di esclusione della applicabilità della norma, dall’art. 131 bis c.p.
La logica antinomia fra reato continuato e particolare tenuità del fatto è rilevabile solo nel caso in cui le violazioni espressione del medesimo disegno criminoso siano in numero tale da costituire di per sé dimostrazione di un certa serialità nel delinquere ovvero di una progressione criminosa, indicative di una particolare intensità del dolo o della versatilità offensiva tali da porre in evidenza un insanabile contrasto con il giudizio di particolare tenuità dell’offesa in tal modo arrecata, ovvero, in altre parole, ove detta reiterazione non sia espressiva di una chiara tendenza od inclinazione al crimine.
Non può essere rilevata la particolare tenuità del fatto quando vi siano indicatori di dimestichezza e familiarità del soggetto agente con il delinquere, che rendono ex se il fatto commesso tale da rivestire un non trascurabile o, comunque, non assai modesto disvalore sociale.
In particolare, per quanto attiene alla molteplicità delle condotte realizzate, il legislatore ha fatto puntuale riferimento ad aggettivi riferiti alle condotte (plurime, abituali, reiterate) aventi un ben chiaro spettro semantico, dovendo ritenersi che una condotta sia reiterata ove la stessa, con identiche modalità fenomeniche, sia ripetuta nel tempo, che essa sia abituale ove la stessa, non essendo episodica, si segnali per una sua certa metodicità, mentre una condotta è plurimaove essa, ancorché sotto diverse guise, intervenga un considerevole numero di volte.
La nozione di condotta plurima, presuppone la esistenza di almeno tre condotte fra loro disomogenee, posto che la valenza di significato del lemma utilizzato dal legislatore, appunto l’espressione plurima, si discosta dal concetto di semplice pluralità della azione, richiedendo il relativo concetto un quid pluris, costituito da un ulteriore elemento fattuale che si aggiunga alla mera pluralità, la quale richiede anche la sola duplicità dei comportamenti.